La Polizia Municipale di Grosseto dalle origini ad oggi
Era il 26 febbraio del 1849, quando con una notificazione a firma dell’avvocato Carlo Massei, allora Prefetto di Grosseto, veniva istituito nella nostra città il Corpo della Guardia municipale, secondo una disposizione del Granduca Leopoldo II di Lorena.
In quella notificazione già si evidenziavano i requisiti per essere ammessi a far parte del Corpo stesso:
La nazionalità Toscana,
la moralità,
lo stato libero,
l’età fra i 25 e i 40 anni,
la salute e robustezza,
la statura di braccia 2 e soldi 17 fiorentini,
il saper leggere e scrivere.
Erano anni tumultuosi quelli, i moti insurrezionali del 1848 e la I° Guerra d’Indipendenza erano l’inizio del Risorgimento Italiano e così nel 1849 con decreto Leopoldino la Guardia Municipale fu sciolta e con lo stesso decreto veniva istituita la Guardia di Sicurezza Pubblica. Cambiava il nome, ma le mansioni ed i compiti erano sempre gli stessi: difesa del territorio e dei cittadini dai rivoluzionari e ribelli, ordine pubblico e polizia giudiziaria. Nei primi anni, dopo l’annessione al Regno d’Italia, la nuovamente chiamata Guardia Municipale, contava a Grosseto ben 2 addetti, che, fra il luglio 1860 ed il luglio 1862, ebbero un nuovo ed importante incarico: dovevano svolgere anche le funzioni di Pompiere! Gli eventi si susseguono incalzanti: altre guerre, altri Sovrani, altri regimi. Fu proprio sotto il regime fascista che si cominciò a parlare di Polizia Municipale nel significato che noi oggi conosciamo. Ai sopraccitati compiti si aggiungono altre mansioni: il controllo ed il rispetto di leggi e regolamenti e si comincerà a far rispettare e a sanzionare violazioni alle leggi generali sul commercio, edilizia, daziarie ed altro. In quel periodo la Polizia Municipale di Grosseto viene dotata di un’auto e ben 2 motociclette.
Fu dopo la II° Guerra Mondiale e con i radicali cambiamenti che avvennero in quegli anni che la Polizia Municipale perse un po’ i connotati che l’avevano distinta all’atto della sua istituzione cento anni prima, ma i compiti non diminuirono, anzi aumentarono e aumentarono anche le responsabilità verso le istituzioni e verso i cittadini. La Polizia Municipale divenne così, nei suoi vari rami: Polizia Giudiziaria, Polizia Amministrativa, Polizia Annonaria, Polizia Mortuaria e con l’approvazione del Testo Unico e del regolamento del Codice della Strada, Polizia Stradale. E’ comunque con la Legge 07/03/1986, n.65 che avviene una svolta sostanziale per l’intera categoria degli allora “vigili urbani” (termine che molte persone continuano ad usare ancora adesso impropriamente) che videro mutare, anche dal punto di vista normativo, la loro denominazione in “Polizia Municipale”; l’approvazione dei quattordici articoli della Legge 65/86 fu un’innovazione, perché prima vi era soltanto una molteplicità di disposizioni legislative, a volte anche di 2° livello, che dovevano addirittura essere interpretate, in quanto sparse in varie leggi che disciplinavano altre materie e che erano state approvate in diversi momenti storici.
Peraltro tale nuovo inquadramento degli addetti al servizio di polizia municipale apre nuovi scenari operativi e di qualificazione professionale, infatti, in osservanza dell’art.3 della citata legge 65/86, è prevista la collaborazione, nell’ambito delle proprie attribuzioni, con le forze di polizia dello Stato, previa disposizione del Sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità. La cooperazione della Polizia Municipale, quindi, non è più prevista per le singole operazioni, ma è valutata come componente continuativa, seppure nell’ambito delle direttive di coordinamento del Ministro; tutto ciò comporta un ruolo attivo di polizia di prevenzione generale da parte della polizia locale, poiché la collaborazione avviene per motivi di sicurezza pubblica, ordine pubblico ed anche polizia giudiziaria. Questa previsione comporta inoltre un cambiamento, nelle modalità tecnico operative del servizio istituzionale di presidio del territorio, nonché un adeguamento di addestramento, mezzi e dotazioni. Il passare degli anni, la trasformazione della società dovuta alla globalizzazione ed alla più facile mobilità tra gli Stati, unitamente alla forse eccessiva enfatizzazione di alcune notizie da parte dei mass media e dei sempre più diffusi social network, ha provocato l’aumento della percezione di insicurezza da parte della popolazione, stimolando azioni governative incentrate su nuove politiche in materia di sicurezza, al fine di far sentire i cittadini più sicuri. In questa ottica viene emanata la Legge 26/03/2001, n.128 “Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini” che, all’art.17, introduce la realizzazione dei “piani coordinati di controllo del territorio”, da attuare con la partecipazione di contingenti dei corpi o servizi di polizia municipale, previa richiesta al Sindaco, o nell’ambito di specifiche intese con tale autorità; ciò ad evitare inutili duplicazioni, negli interventi relativi alla sicurezza, riferiti alle competenze istituzionali delle forze di polizia statali e delle polizie locali, valorizzando gli aspetti peculiari delle singole specializzazioni della varie organizzazioni di polizia e considerando l’importanza del servizio che la polizia locale esercita nell’ambito del luogo territoriale di competenza. Un importante intervento normativo, in materia di sicurezza nelle aree urbane, è rappresentato dal D.L. 23 maggio 2008, n.92, che ha coinvolto gli enti locali nella gestione del problema legato all’insicurezza urbana nelle città.
Questo coinvolgimento è rappresentato dal rapporto di vicinanza che le singole realtà comunali riescono a realizzare tra i propri cittadini e la Polizia Municipale, che dell’ente locale è espressione, ed incardina nel vero senso della parola il concetto di POLIZIA DI PROSSIMITA’. La prossimità nasce per rispondere alla necessità di semplificare il passaggio tra le richieste della cittadinanza e le risposte delle amministrazioni e, mutuando una definizione data dal Ministero dell’Interno, la Polizia di prossimità è “una filosofia operativa che s’inserisce nella complessiva pianificazione dell’azione di polizia e modifica l’approccio professionale degli operatori chiamati ad espletare attività di controllo del territorio, soprattutto a livello di quartiere, in modo da incidere positivamente sulla percezione di sicurezza del cittadino, garantendo così una rassicurante vicinanza ed un momento di compartecipazione ai suoi problemi”. Con tale definizione si cerca di andare oltre all’accezione di “vicinanza fisica” della polizia al cittadino, cioè ad una redistribuzione della presenza della polizia sul territorio, che sarebbe di per sé un concetto troppo scontato; quello che occorre è un cambio di prospettiva rispetto al tradizionale lavoro di polizia, conseguente all’emergere di un diverso bisogno di sicurezza espresso dai cittadini.
Un punto cruciale per l’attuazione del concetto di polizia di prossimità si configura nell’attività di “ascolto del cittadino”; in tale ambito il ruolo della Polizia Municipale, per sua natura più vicina alla popolazione, diventa fondamentale ed alcuni dei servizi di pertinenza della Municipale risultano strategici per “l’ascolto”: – il servizio presso le scuole, dove possono essere colte moltissime segnalazioni; – i controlli residenziali, entrando nelle abitazioni delle persone, con possibilità di scoprire episodi di illegalità che altrimenti rimarrebbero insoluti; – la vigilanza appiedata dei luoghi sensibili, infatti il cittadino è più propenso ad effettuare segnalazioni alla pattuglia appiedata rispetto a quella auto/moto montata; – l’attività di educazione stradale, attraverso la quale è possibile far comprendere ai bambini e ragazzi quanto sia importante la cultura della legalità, dalle prime regole fondamentali su come andare in strada, fino a capire quando una persona sta commettendo un atto illegale, meritevole di un intervento di coloro che, fin dai primi incontri di “Educazione Stradale”, vengono sentiti come “amici poliziotti”. Se gli operatori di polizia riusciranno ad ascoltare e quindi a vedere quali siano i problemi delle persone, si riuscirà ad attuare vere e proprie politiche di prevenzione dell’illegalità, aspetto, questo, fondamentale per qualsiasi Corpo di Polizia, come sancito dall’art.1 del Codice Europeo di Etica per la Polizia (attuato il 19/09/2001 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa con raccomandazione 2001-10): “la prossimità deve servire ad attuare politiche preventive, senza però arrivare a confondere il ruolo dell’operatore di polizia, che non dovrà proporsi come polizia di prossimità che risolve tutti i problemi, bensì come valido interlocutore in grado di aiutare a trovare la soluzione dei medesimi”.
In tale contesto si delinea il ruolo della Polizia Municipale per la sicurezza delle città, intensificare la sua attività nell’assolvimento dei compiti della polizia locale nelle sue molteplici fattispecie: stradale, annonaria, commerciale, edilizia, amministrativa, operando in sinergia con le forze di polizia che effettuano la prevenzione generale dello Stato. Ecco allora che l’attività della polizia locale consisterà anche, attraverso un’efficace opera di osservazione, prevenzione e, dove necessario, di repressione, nell’impedire quei comportamenti che minacciano l’ordinato svolgimento della vita sociale, quali il traffico indisciplinato, le emissioni acustiche moleste, la pulizia ed il decoro dello spazio pubblico e gli atti vandalici in genere, in modo da mantenere ed elevare il livello di sicurezza urbana, divenuta ancor più una priorità fondamentale per le Pubbliche Amministrazioni, poiché aumentare il livello di sicurezza percepito da tutti i cittadini, significa favorire lo sviluppo sociale ed economico del territorio.